Alcune
domande sul cortometraggio L’interruzione
Che cosa ti ha spinto a
decidere di realizzare un nuovo cortometraggio dal titolo “L’interruzione”
sull’omosessualità femminile?
Sicuramente varie ragioni, in primo luogo considero l’arte,
e quindi il cinema, veicolo di emozioni importanti e quando riesce
a sposare una forte tematica, riesce a far riflettere realmente,
grazie al vigoroso potere di catarsi ed immedesimazione cui possiede.
Ho già trattato tematiche quali la morte, il narcisismo,
l’assalto inopportuno dei media alla privacy della gente,
la solitudine, la follia, l’A.I.D.S. in miei lavori precedenti,
quindi perché non trattare un tema così intrigante
come il rovesciamento del pregiudizio sull’omosessualità
femminile (o anche maschile), tematica che sento molto attuale
per la società in cui viviamo. E’ tempo di fare luce
e normalizzare una visione della realtà ormai un po’
demodé. Certo l’energia, l’impegno in tale
lotta, la volontà delle ragazze dell’associazione
“Renée Vivien” ha dato un calcio d’inizio
vigoroso al progetto, e mi ha totalmente coinvolto.
Già dal titolo, l’opera vuole rappresentare un’
interruzione: “L’ interruzione” al pregiudizio.
Si tratta di una commedia che grazie ad un approccio dolce ed
avvolgente, permette un’immedesimazione totale anche ad
un tipo eterosessuale lontano da tali tematiche. Il corto, la
cui durata è di circa 22 minuti, è stato girato
nel formato HD(alta definizione) digitale, a Roma. Le riprese
sono durate due intensissimi giorni in cui abbiamo lavorato non
stop da mattina notte fonda, mentre la preparazione e le prove
con le attrice naturalmente ci ha coinvolto per molto, molto più
tempo… La fotografia è di Francesco Ciccone, il montaggio
di Emanuele Baldenstein, mentre le attrici selezionate dopo vari
casting sono risultate essere: Sibilla Passi, Imma Sorrentino,
Margi Villa (già protagonista di “Fragole a mezzanotte”
mio lungometraggio sperimentale) e Margherita Monachesi.
Parlaci del cortometraggio.
La mia idea iniziale era quella di un documentario, in quanto
ritengo fondamentale un’aderenza alla realtà e così
un approccio realistico era necessario per descrivere al meglio
una realtà complessa e nascosta come quella dell’omosessualità
femminile. In seguito, parlando con le ragazze dell’associazione,
ho capito che, non solo, sarebbe stato difficile reperire le persone
adatte in breve tempo, ma che, in più, sarebbe stato difficile
o inopportuno per le proprie vite spingerle nella direzione di
assoluta libertà e comunicazione totale a cui volevo accedere
per ottenere come autore il mio obiettivo. L’opera ha preso
così un’altra piega pur mantenendo la necessità
narrativa prioritaria. Il cortometraggio, infatti, anche se è
da considerarsi un prodotto di mera fiction (finzione narrativa)
si basa su tutta una serie di racconti di esperienze vissute da
parte di ragazze lesbiche da me intervistate. Chiaramente il tutto
è stato rielaborato dalla mia sceneggiatura, ed è
stato metabolizzato durante il processo di creazione dei quattro
personaggi che sono frutto dell’invenzione drammatica, seppur
ispirandosi alle esperienze realistiche raccolte e studiate.
I toni sono maliziosi e divertenti, mai volgari, i colori accesi
e saturi, l’ambientazione trae ispirazione dalla pop art,
il montaggio è veloce, da videoclip: grazie ai numerosi
split screen ci permette una visione contemporanea delle quattro
amiche. Si tratta di un’opera di facile comprensione e maggiormente
immediata rispetto ad altri miei lavori. Volevo che, stavolta,
lo spettatore riflettesse più sul contenuto che sulla sperimentazione
narrativa e visiva. Sono sicuro che il messaggio sia chiaro e
forte.
Voglio che chiunque lo veda capisca che se alcune persone, facenti
parte di minoranze, vengono rispettate dalla società nel
loro diritto di esistere per quello che sono, la società
rispetta anche te che non ne fai parte!
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