L'ESPERIENZA CON IL TEATRO
Domenico Natella, regista cinematografico
e teatrale
- Parlaci della tua esperienza con il teatro?
Il mio modo di vedere il teatro: è un
teatro dove tutte le forme d’arte si uniscono. Ad esempio
la versione teatrale di Regali Caduti dal cielo è stata
la sintesi di realtà artistiche e linguaggi differenti:
il teatro, il cinema, la video istallazione, la musica, la poesia,
la danza.
Il teatro o meglio la “rappresentazione teatrale”
in tal caso è data unicamente dalla somma ed equilibrio
delle sue parti.Lo considero come un riassunto delle mie esperienze
artistiche.
Il regista deve avere di tutte le esperienze un po’, e la
sua missione è far sì che diventino un tutt’uno
ben amalgamato.
La mia sfida era portare il linguaggio cinematografico nel teatro,
anche a Salerno si può uscire dalla tradizione ed iniziare
un cammino di sperimentazione, se lo si desidera.
L’utilizzo del video mi permette di dilatare il tempo e
lo spazio dell’azione scenica teatrale, rendendo meno claustrofobico
e più aperto il monolocale dei protagonisti nella rappresentazione
spazio-scenica teatrale.
- Perché il titolo “Regali Caduti
dal Cielo”?
E’ una provocazione, però leggera:
i regali caduti dal cielo sono prima di tutto il Deus Ex Machina,
che fa sì che scoppino le paranoie e le gelosie all’interno
della coppia Mario e Nanda, in secondo luogo è quasi un
controsenso: sono regali e come tali sono gli oggetti del desiderio,
i beni di consumo che a volte consideriamo più importanti
delle emozioni, dei rapporti interpersonali.
Regali caduti dal cielo sono inoltre i talenti, le virtù,
doni che Dio, la natura, o il codice genetico che sia, ci ha dato
e per i quali dovremmo essere riconoscenti, utilizzandoli a pieno.
- Come mai hai trattato il tema di una coppia
giovane e sposata quando nella realtà (italiana) che ti
circonda ci si sposa sempre più tardi ?
Mario e Nanda sono dei moderni Romeo e Giulietta
nel loro piccolo, con una differenza e sociale tra i due non minima:
indubbiamente uno stereotipo che mi serviva per rendere ancora
più forte l’idealismo del loro amore post-adolescenziale,
che è tanto bello ed elitario quanto una prigione dorata
in cui nessun altro può, apparentemente, entrare.
Una chiara critica nel vedere l’amore, o meglio la relazione
di coppia come unica risorsa vitale.
- Parlaci del lavoro con gli attori?
Danilo è un attore tecnico vecchio stampo,
con un buon uso del corpo e ottima voce, nonché presenza
scenica, sembra quasi uscito da un film di Hollywood degli anni
30/40. Il suo stile è molto laccato come la sua recitazione
brillante. Insieme abbiamo cercato di rendere la sua recitazione
più naturale: un po’ più cinematografica e
meno teatrale nel senso più classico.
Credo che parte dello spettacolo si sia venuto costruendo come
una seconda pelle per il testo originario che era quello spagnolo
del cortometraggio.
I video e le coreografie sono state un complemento al mio lavoro.
Imma è molto istintiva e quando si abbandona ad un’
emozione lo fa completamente, è molto propositiva, anche
lei possiede un ottimo rapporto con il suo corpo che usa quasi
fosse una ballerina. Con lei ho cercato di abbattere alcune espressioni
stereotipate verso una naturalità più diretta ad
una recitazione cinematografica.
- Nel lavoro teatrale sono presenti anche due
testi poetici tuoi.
Si, entrambe sono poesie che ho scritto in periodi
diversi della mia vita.
Tic-Tac sfrutta l’onomatopea assillante dello scandire del
tempo da parte dell’orologio.
Si tratta di un’allarmante considerazione sul tempo che
passa, tempo interiore ed esteriore.
Tempo che sfugge alle nostre vite ed al nostro controllo, valorizza
il tuo tempo e la tua vita, è il messaggio..
Nella coreografia mi sono ispirato al Kabuki, il teatro giapponese,
alla tecnica di Marta Gramm al teatro di Artaud. E devo aggiungere
che Margherita è riuscita davvero a trasformarsi in un
orologio e a farci sentire la sua trasformazione da essere umano
ad essere meccanico infernale, misuratore della nostra esistenza.
E’ questo il potere magico del teatro farti credere e vivere
cose lontane dal tuo mondo.
Daniela appare come una signorina buonasera nel video, all’inizio
ed alla fine dello spettacolo.. se la vita è un ciclo e
quindi circolare anche il mio spettacolo lo è. E’
come se assistessimo ad una presa in giro sul potere della seduzione
televisiva: sappiamo che ci inganna però continuiamo a
guardarla, ipnotizzati ed esterrefatti dalle sue baggianate. Il
testo sulla seduzione televisiva scritto
dalla stessa Daniela ha la stessa pretesa di incollarci perversamente
a quella sedia.
- Che ci dici delle paranoie dei due protagonisti
e di come prendono atto?
Amo molto la tecnica cinematografica, lavorando
al testo teatrale che alla fine è molto diverso da quello
cinematografico, avevo il problema di come rendere le paure…le
paranoie, le gelosie che nel cortometraggio erano rese da vari
flashback, poi ho pensato allo “Stream of Consciousness”
di scrittori inglesi quali James Joyce e Virginia Woolf e mi sono
detto, perché non concretizzare le loro paure tramite il
video: la visualizzazione della loro psiche.
- Qualcuno ha pensato al meccanismo del Truman
Show vedendo il tuo spettacolo…
Avevo voglia di descrivere il voyeurismo morboso
che affligge la società occidentale, sembra che la frase
profetica di Andy Warhol secondo la quale ognuno ha diritto ai
suoi 15 minuti di fama si sia avverata, oltretutto già
George Orwell 60 anni fa prevedeva lo strapotere dei media nella
vita …guarda oggi il tormentone planetario del “Grande
Fratello” ed ai programmi suoi simili, nonché a riprova
di questo le moltitudini di webcam su Internet.
Così ho creato un meccanismo (e nel corto e nello spettacolo)
che faccia sì che lo spettatore televisivo coincida con
quello reale (teatrale o cinematografico che sia).
Viviamo in un’epoca di continua sollecitazione mediale,
in cui le idee ed i pensieri circolano vagando non solo per il
web. L’arte è poi un flusso d’energia che passa
dall’artista, all’opera d’arte e dall’opera
d’arte al pubblico, o meglio ancora, dalla realtà
circostante all’artista, e tramite l’opera d’arte
riconfluisce nelle vite e nelle menti del pubblico dell’
arte, ma non solo…
- Come ti definiresti?
Molta gente dice che sono un curioso ed un irrequieto,
un romantico ed un’ idealista, beh io non ne sono tanto
convinto essendo un romantico idealista che per una curiosità
irrequieta e fame di vita scende a compromessi con la realtà,
con la praticità.
Tutto è frutto di un compromesso tra due parti, e forse
è giusto che sia così. Anche nell’arte è
decisamente così.
M.P.
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